Tumori ginecologici e genetica

Le mutazioni a carico dei geni presenti sui cromosomi sono alla base di una quota non trascurabile di donne che hanno sviluppato i tumori ginecologici in particolare a carico dell’ovaio, della mammella e dell’endometrio. Nelle donne portatrici di mutazione genetica, l’insorgenza delle neoplasie, in particolare il tumore dell’ovaio o mammario, tende a presentarsi in età più giovanile rispetto alle donne non portatrici di questo difetto genetico. Le mutazioni su BRCA 1 e BRCA 2 possono essere trasmesse ai figli da entrambi i genitori, indipendentemente dal sesso. Le mutazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 aumentano in modo significativo il rischio di tumore al seno, mentre le stesse mutazioni aumentano il rischio di tumori al colon e al pancreas seppure in misura nettamente inferiore rispetto alle due localizzazioni prevalenti.

Tumori dell’ovaio

Il rischio di ammalarsi di tumore all’ovaio aumenta di 3.6 volte quando nella stessa famiglia ci sono parenti di primo grado (madre, sorella o figlia) che si sono ammalate di tumore all’ovaio. Le persone della stessa famiglia, infatti, possono aver condiviso fattori ambientali (stili di vita o inquinanti) che aumentano il rischio di tumore oppure possono essere portatori di una mutazione genetica conosciuta o ancora ignota che predispone all’insorgenza del tumore. I principali geni responsabili del carcinoma ovarico ereditario sono il BRCA1 e il BRCA2. Ereditare geni BRCA mutati, cioè difettosi, aumenta di 30-50 volte il rischio di contrarre il tumore dell’ovaio. In presenza di una mutazione ereditaria del gene BRCA1 il rischio di contrarre il tumore varia dal 39 al 46% mentre in presenza di una mutazione del gene BRCA2 il rischio di contrarre un tumore ovarico varia dal 10 al 27%.
Il test genetico BRCA1/BRCA2 è consigliato sia a donne con diagnosi di tumore ovarico sia a donne sane ma a rischio perché hanno una storia familiare di malattia, cioè la presenza all’interno della stessa famiglia di uno o più casi di tumore del seno o dell’ovaio.

Oltre che per i geni BRCA, anche altri geni sempre localizzati sui cromosomi possono essere coinvolti nel predisporre all’insorgenza di tumori ginecologici:

  • MSH2 e MLH1, responsabili della Sindrome di Lynch che configura un rischio aumentato di adenocarcinoma del colon, ma anche di neoplasie dell’endometrio, dell’ovaio, dello stomaco, del tratto urinario, dei dotti biliari.
  • PTEN, responsabile della Sindrome di Cowden associata ad un aumento del rischio di amartomi, tumori benigni e cancro mammario.
  • STK11, responsabile della sindrome di Peutz Jeghers associata ad un aumento del rischio di tumori maligni del tratto gastroenterico, tumori della mammella, della cervice uterina e dell’ovaio.
  • Tp53 responsabile della sindrome di Li-Fraumeni associata ad un aumento del rischio di osteosarcoma, leucemie, tumori cerebrali, carcinoma surrenali e tumore della mammella

La consulenza oncogenetica

Pertanto, se in famiglia esiste una storia di familiarità per neoplasie ginecologiche o se è nota la diagnosi di una di queste mutazioni genetiche, è importante discutere con il proprio medico per valutare l’opportunità di sottoporsi ad una consulenza oncogenetica per la valutazione del rischio eredo-familiare e, in caso di positività al test, per definire la programmazione del conseguente programma diagnostico-assistenziale

Le persone si dividono in due categorie

  • Pazienti affette da tumori ginecologici in particolare tumori epiteliali ovarici o particolari tumori mammari (es cosiddetti triplo negativi)
  • Donne non affette da neoplasie ma familiari di pazienti affette da neoplasie ginecologiche portatrici di mutazioni genetiche.

Il test BRCA deve essere offerto sin dalla prima diagnosi a tutte le pazienti con carcinoma ovarico non mucinoso e non borderline, carcinoma delle Tube di Falloppio o carcinoma peritoneale primitivo. L’identificazione della mutazione consente infatti di pianificare nella paziente un percorso terapeutico personalizzato. Le pazienti BRCA-mutate hanno una prognosi migliore delle donne con carcinoma ovarico non ereditario. Questo anche grazie alla maggiore tendenza a rispondere alla chemioterapia e alla possibilità di utilizzare nuovi farmaci specifici, a bersaglio molecolare. Tra questi la classe di farmaci maggiormente attivi sono gli inibitori di PARP.

Nel caso di donne sane ma a rischio l’identificazione di una mutazione BRCA consente di intraprendere un percorso di sorveglianza finalizzato alla diagnosi precoce associato o meno a una procedura chirurgica con la finalità di ridurre il rischio stesso.

Strategie di riduzione del rischio

Oggi sono disponibili 4 strategie di riduzione del rischio:

  • Sorveglianza (Sottoporsi a esami specifici regolarmente e in un centro specializzato, poco efficace per il tumore dell’ovaio, efficace per il tumore della mammella)
  • Chemio prevenzione (Assumere farmaci per ridurre il rischio di tumore all’ovaio. La pillola anticoncezionale, assunta per un periodo di almeno 4 anni, riduce del 50% il rischio di tumore all’ovaio nella popolazione generale)
  • Chirurgia profilattica (l’asportazione delle ovaie e delle tube uterine, cioè l’annessiectomia bilaterale, riduce del 96% il rischio di tumore all’ovaio e del 56% il rischio di tumore al seno. Va comunque tenuto presente che l’annessiectomia induce la menopausa (menopausa chirurgica) quando la donna ha ancora il ciclo mestruale e questo effetto negativo in particolare in età inferiore a 40-45 aa va bilanciato con il rischio connesso con la mutazione relativa al BRCA. Il problema ovviamente non si pone quando invece la donna è già in menopausa dal momento che l’intervento non cambia l’assetto ormonale
  • Scegliere uno stile di vita sano e adattare il proprio programma riproduttivo alla consapevolezza di questo fattore di rischio aggiuntivo. I dati disponibili attualmente raccomandano una riduzione del peso corporeo quando necessario, una regolare attività fisica e un’alimentazione sana. Sapere di avere un aumentato rischio di tumori della sfera ginecologica, permette inoltre alle donne di fare delle scelte mirate sulla propria vita riproduttiva, come programmare una gravidanza prima dei 40 anni, allattare a lungo o assumere la pillola anticoncezionale.

Il test BRCA ha pertanto permesso di migliorare sensibilmente la sopravvivenza di tantissime pazienti in maniera diretta concedendo la possibilità di utilizzo di farmaci specifici e in maniera indiretta consentendo un monitoraggio più serrato e una diagnosi precoce in pazienti sane a rischio aumentato.

A cura di
Martina Barboni, Annalisa Carapezzi, Maria Elena Laudani, Giulia Parpinel,
Francesca Petey e Paolo Zola
Dipartimento Scienze Chirurgiche
Università degli Studi di Torino

Aggiornamento Settembre 2020

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